“Perché non potevo permettere che mi rubassero la cosa per cui avevo vissuto fino al 17 aprile 1942. La nostra musica, quella dei ghetti liquidati, degli shtetl distrutti. Dovevamo continuare a suonarla, a tenerla in vita come un incubo, perché chi aveva tentato di spazzarci via sapesse che aveva fallito e noi danzavamo ancora nei cortili, tessevamo foreste di suoni attorno a meravigliose radure di silenzio.”
crediti
Drammaturgia di
Marco Bosonetto
Regia di
Savino Genovese
Interpreti
Viren Beltramo e Savino Genovese
Musicisti:
Marco Bosonetto, voce e flauto
Matteo Castellan, fisarmonica
Giuliano Contardo, chitarra
Stefano Risso, contrabbasso
Nota di regia
Mai come ora sentiamo l’esigenza di raccontare questa storia. Quella di uno scapestrato musicista klezmer, reduce di Auschwitz, che decide di prestarsi all’agghiacciante manipolazione di un gruppo di negazionisti perché non sopporta il peso del ricordo di quanto ha subito nei campi di concentramento e del suo rapporto con la nipote che tenta di salvarlo. Una giovane donna che difende la memoria, ricostruendo con amore, crudeltà e ironia, la fragile esistenza di un uomo, suo nonno, per fornire a tutti noi uno specchio nel quale riflettere. Una giovane donna in rappresentanza di una generazione che sta perdendo i testimoni diretti dell’olocausto e che ha il dovere, la responsabilità, di proteggere la verità storica affinché una simile atrocità non venga negata né riproposta.
SINOSSI
La Compagnia GenoveseBeltramo presenta Nonno Rosenstein nega tutto, spettacolo originale con musica klezmer dal vivo. Tratto dal romanzo omonimo di Marco Bosonetto (pubblicato da Baldini & Castoldi nel 2000) e adattato per il teatro dallo stesso autore, Nonno Rosenstein nega tutto ribadisce la necessità di non dimenticare il male assoluto della Shoah, ma lo fa utilizzando una prospettiva inconsueta ed estremamente attuale, mettendo in scena il confronto tra un nonno reduce di Auschwitz che vorrebbe cancellare i propri ricordi e una nipote che meglio di lui avverte i pericoli dell’oblio. Un incontro fra generazioni e sensibilità diverse, una riflessione sul problema della memoria che usa l’ironia per uscire da ogni retorica celebrativa.
In scena, musica e parola si fondono. I quattro musicisti accompagnano le vicende con brani della tradizione ebraica, interagendo con gli attori e scandendo il ritmo dello spettacolo.
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